A cura di Giuliana Schiavone

Galleria Formaquattro Bari, 12 ottobre - 8 novembre 2012
Prolungamento Via E. Caccuri 3170124 Bari (Ba)
Presenza artista: All'inaugurazione
Da tempo al centro della ricerca creativa dell’artista, le “biglie” costituiscono i soggetti privilegiati della serie esposta. Appartenenti alla dimensione esperienziale collettiva, questi moduli spaziali e simbolici accolgono al loro interno curvilinei sedimenti di materia policroma, si lasciano avvolgere da opachi rivestimenti, o fanno vibrare sulla vitrea superficie i dati oggettivi che provengono dall’esterno in un gioco di riverberi inesauribili che l’occhio, a sua volta sferico, assimila nei suoi processi fisiologici, riconosce e interpreta, intuendo la presenza di molteplici piani di esistenza. E se la serialità dei lavori può trarre in inganno nel presentarci un macrocosmo identitario e relazionale in apparenza indistinto, ognuna delle singole biglie è innanzitutto un’unità spaziale a sé stante e autotelica, nei suoi bagliori luminosi e nel grado di trasparenza delle velature cromatiche, nella peculiare occupazione dello spazio e proiezione dell’ombra sullo sfondo monocromo, oltre ad essere rappresentata con estrema perizia tecnica e pittorica secondo un punto di vista sempre impercettibilmente diverso e ravvicinato. Ogni biglia è metafora di un microcosmo ontologico dotato di nome proprio e di singolare temperamento, di un tegumento umorale unico e irripetibile. Sembrerebbe quasi che l’artista, consapevole della pretenziosità di ogni posizione che ammette come l’unica e assoluta realtà oggettiva quella che la natura umana riesce a cogliere, sia l’artefice di una trasposizione simbolica della condizione del singolo in moduli sferici che costantemente creano e ricreano attraverso la loro occupazione individuale ed emotiva dello spazio, uno scenario estetico dell’attualità di volta in volta delicatamente cangiante, attribuendo ad esso un necessario quanto illusorio status quo di realtà. Il linguaggio formale della De Nitto riesce ad attivare infiniti e vibranti baluginii percettivi che consentono allo spettatore di formulare la sua necessaria ma sempre relativa visione del mondo. Tale esercizio pittorico, in cui la componente iperrealista è presente, ma si stempera nel calore dei toni, dei materiali della tela e nella delicatezza del tratto, si traduce in esiti compositivi e cromatici oltremodo suggestivi, che giocano con le possibili dilatazioni pittoriche e tridimensionali dello spazio, generando continue interferenze tra i piani del visibile, moltiplicati ulteriormente dal ricorso a semisfere riflettenti in plexiglass. L’arte è narrazione estetica e provocatoria dell’illusione del mondo che combinando esercizio tecnico e ludica consapevolezza può ricreare incessantemente “big lie”, inganni percettivi, simulazioni soggette alla relatività di ogni punto di vista e ai meccanismi fisiologici della visione, e dunque tutt’altro che assolute determinazioni di “ciò che è vero” ma piuttosto intuizioni di “ciò che appare” nelle sue reti relazionali e ambientali.
Lo stesso titolo della mostra, Big lie (or not)?, deriva dalla scomposizione del termine “Biglie” e produce un trompe l’oeil concettuale e percettivo giocando proprio sull’interferenza tra diversi idiomi e registri linguistici. In fondo, nella plurale e caleidoscopica esplorazione visiva del mondo, cosa avvertiamo come reale? Quale deformazione dello spazio ci appare come verità? Ogni nostra visione, e di conseguenza rappresentazione della realtà, non è di per sé un’elaborazione del materiale sensibile impresso sulla retina, e dunque un’interpretazione sempre suscettibile al vaglio del dubbio, in altre parole, una suddi-visione del reale in frammenti illusori ma esperibili?
“Il mondo è un’illusione radicale, un’ipotesi come un’altra”, sosteneva il filosofo Baudrillard, concludendo l’assunto con: “E per scongiurarla bisogna realizzare il mondo, dargli lo statuto della realtà, farlo esistere ad ogni costo, togliergli ogni carattere segreto, arbitrario, accidentale (…) strapparlo alla sua forma per restituirlo alla sua formula”.
Giuliana Schiavone